Figure dell’artista

Figure dell’artista

L’immagine dell’artista nelle forme della scrittura letteraria

Call for Papers per il numero 25 della rivista “Elephant & Castle”

“L’arte: una congrega di svitati”: così scrive, con icastica memorabilità, Emanuele Trevi in un suo recente libro (Sogni e favole, 2019), dando espressione a uno, forse il più diffuso, luogo comune sul profilo dell’artista. Almeno dai tempi in cui Ernst Kris e Otto Kurz nella Leggenda dell’artista (1934) misero in luce i topoi ricorrenti nel racconto della vita e delle capacità comunemente riconosciute agli uomini d’arte, dal Medioevo all’età contemporanea, è evidente che la rilevanza di questo personaggio nell’immaginario moderno e contemporaneo è legata a doppio filo alla stratificazione di significati e di pregiudizi che nel corso dei secoli si sono depositati sulla sua figura. Individuo enigmatico, dotato di facoltà quasi sciamaniche (ciò che rappresenta sembra prendere vita, oppure riesce a dare forma a ciò che non ne ha), oppure scaltro falsificatore, che punta a colonizzare l’immaginario popolare – e a lucrarci sopra – grazie a ‘trovate’ a buon mercato (“Per me vale la regola del minimo sforzo, massimo risultato”, ha affermato Damien Hirst), l’artista sembra destinato a essere continuamente oggetto di opinioni polarizzate, che riflettono una sostanziale difficoltà della cultura contemporanea a comprendere il suo statuto professionale (dal momento che non ne ha uno riconosciuto), il suo ruolo sociale (se ne ha uno) e la sua prassi espressiva (dal momento che ogni artista sembra seguire una propria, inimitabile strada). Una considerazione contraddittoria, che non manca di avere ricadute su – o che costituisce un effetto di – una parallela doppia vulgata sull’arte, e in particolar modo su quella contemporanea, che se rappresenta ancora agli occhi di molti un strumento di ‘distinzione’ sociale e spirituale, al tempo stesso viene spesso bollata come messa in scena autoreferenziale, espressione di un elitario e narcisistico circuito chiuso (quella che Nathalie Heinich ha definito L’élite artiste, 2005). Come ha sintetizzato efficacemente Mauro Covacich, in un libro dall’emblematico titolo L’arte contemporanea spiegata a tuo marito (2011): “L’arte contemporanea si avviluppa in una contraddizione ogni giorno più inestricabile: da un canto sembra essere sulla bocca di tutti, dall’altro non parla quasi a nessuno”.
Ciononostante, o forse proprio in virtù di queste premesse, lo sfuggente statuto dell’artista non ha inibito, ma al contrario ha stimolato l’immaginazione collettiva, e in particolar modo quella letteraria, che in età contemporanea ne ha fatto un vero e proprio ‘personaggio’. Se Herbert Marcuse (1922) riconosceva nell’età dello Sturm und Drang l’origine di un genere, il ‘romanzo dell’artista’, che si rivela la forma simbolica di una cultura, è il Novecento a radicare l’artista al centro dell’immaginario letterario: alla sua figura viene chiesto ora di assumere su di sé il peso di un rapporto con la realtà divenuto problematico (dalla Noia di Alberto Moravia alla Carta e il territorio di Michel Houellebecq), ora invece di dare rappresentazione al condiviso bisogno di fuga o trasfigurazione dei dati più triti dell’esperienza ordinaria (l’artista come genio, dal Dedalus di James Joyce in poi), ora ancora di incarnare in modo non pacificato la lotta agli stereotipi di genere (da Artemisia di Anna Banti all’Architettrice di Melania Mazzucco). Il romanzo declina in termini di script narrativi i diversi tasselli della ‘leggenda dell’artista’, mette in mostra le pratiche della ‘vita d’artista’, ricostruisce ambienti, relazioni e comportamenti che aiutano a dare concretezza all’immagine di questo personaggio, inserendolo peraltro all’interno di quei ‘regimi’ individuati dalla sociologia dell’arte e utili a riconoscere l’evoluzione della sua figura sociale nel corso del tempo (il “regime artigianale”, “vocazionale” o ancora “di singolarità”, per rimanere alle formulazioni di Heinich 2001).
Non sono solo i romanzi incentrati sul personaggio-artista, tuttavia, a contribuire di volta in volta a consolidare stereotipi e immagini convenzionali oppure a definire nuovi miti; spesso sono gli stessi artisti che, con le loro scritture, concorrono più o meno consapevolmente a irrigidire il repertorio di caratteri utili a definire il loro statuto di eccentrici-integrati nel sistema sociale (come ha scritto Enrico Castelnuovo, l’artista è “l’unico tipo di comportamento deviante che venga in qualche modo celebrato”). Dai libri degli artisti alle biografie autorizzate, e ancora di più nelle autobiografie e nelle carte private (come epistole o appunti di lavoro), la scrittura dà forma a un’autopresentazione che è spesso il compromesso tra retorica dell’autenticità e bisogno di costruire in maniera strategica la propria posizione nel campo artistico, confermando oppure schivando etichette sintetiche ma efficaci alla comunicazione di sé (si pensi all’insistenza con cui, nel proprio Autocurriculum, Emilio Isgrò respinge l’attributo di artista a vantaggio di quello di poeta).
Attraverso forme differenti di scrittura, che rispondono a diversi codici di genere, si definisce un immaginario dell’artista che ha ricadute notevoli anche sulla percezione collettiva della figura dell’artista e che richiede, per essere studiato e compreso, strumenti analitici multivalenti, che spaziano dalla narratologia alla filologia, dalla sociologia dell’arte ai visual studies, passando per la critica tematica e le teorie della ricezione.

A partire da queste considerazioni, il numero 25 di Elephant & Castle, intitolato Figure dell’artista: l’immagine dell’artista nelle forme della scrittura letteraria si rivolge allo studio delle forme di rappresentazione e autorappresentazione dell’artista nelle scritture letterarie, con particolare attenzione al contesto italiano contemporaneo (1861-2020), ma senza escludere opportuni e motivati sconfinamenti in altre epoche e aree linguistiche. A questo fine, si invitano le studiose e gli studiosi interessati a inviare contributi che vertano sui seguenti assi di ricerca:
– retoriche della rappresentazione dell’artista nei diversi generi della scrittura letteraria (romanzo, racconto breve, diario, autobiografia, epistolario, libri d’artista…) e loro evoluzione storica;
– luoghi, relazioni, pratiche di lavoro: i caratteri della “vita d’artista” nelle diverse forme della scrittura letteraria;
– il romanzo dell’artista come forma simbolica della cultura contemporanea;
– le scritture pubbliche e private dell’artista come materiale per uno studio sociologico dello statuto sociale dell’artista;
– le scritture private degli artisti come luoghi di costruzione, autentica o strategica, della propria identità pubblica.

Le proposte dovranno pervenire agli indirizzi giacomo.raccis@unibg.it e eloisa.morra@utoronto.ca entro e non oltre l’8 gennaio 2021 e dovranno contenere un breve abstract del contributo (max 3000 caratteri) e una breve notizia biografica. Sono ammessi testi in lingua italiana, inglese e francese.
La comunicazione delle proposte selezionate avverrà entro la fine di gennaio e i contributi completi, corredati di immagini e uniformati alle norme redazionali della rivista, dovranno essere consegnati entro il 12 aprile 2021.

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