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Per Sandro Maxia
Mentre comunico nel sito della MOD la scomparsa del prof. Sandro Maxia, avvenuta il 13 aprile 2022, provo lo stupore immesso dalla morte nell’esistenza, nel considerare quanto la Società degli italianisti contemporaneisti sia stata per lui uno spazio privilegiato di vitalità e operosità dove, negli ultimi decenni, la sua figura umana e scientifica più si è espressa, nel trasmettere solido sapere con doti di fine intelligenza e, al contempo, col piacere dello scambio e della comunicazione fra persone che sentiva affini, certo per comuni attività e professionalità ma, soprattutto, per l’intrinseco legame creato dall’amore e dalla passione per la letteratura e per la bellezza artistica. Era questo il medium che, nelle ricorrenti occasioni di incontro proposte dalla MOD, consentivano a Sandro la relazione non solo con colleghi della sua generazione ma anche, molto spesso, con le successive generazioni di giovani e meno giovani, che in lui trovavano un interlocutore competente, curioso e attento agli ambiti di interesse più diversi, sempre cortese e provvido di consigli.
Poiché, fin dal mio status di studentessa, conoscevo la riservatezza di Sandro Maxia nei contesti più strettamente accademici, e anche una sua certa ritrosia nelle relazioni interpersonali, fatta salva, sempre, la squisita gentilezza, presumo che quella sua celata aspirazione a una più aperta socialità, convivialità e condivisione di conoscenze e emozioni emergesse proprio grazie al contesto e ai “magici” momenti offerti dalla MOD nel consentire di incontrarsi nella e per la letteratura.
Oggi, le peculiari qualità del maestro e dell’illustre studioso si spostano nella sfera del rimpianto e della memoria che, sempre, si accompagnano alla morte.
Ho delineato un versante della figura di Sandro Maxia, speculare al suo talento politico nell’esercizio di importanti responsabilità accademiche, ricoperte con correttezza e autorevolezza presso l’Università di Cagliari, nei ruoli di preside della Facoltà di Magistero, di direttore dell’Istituto di Italianistica, del Dipartimento di Filologie e Letterature moderne, del Dottorato di Lingue e Letterature moderne e, in seguito, comparate, fino all’ultimo delicato incarico, a riconoscimento della sua levatura morale, nella Commissione etica di Ateneo.
Socio fondatore delle associazioni degli italianisti: ADI e MOD, al cui interno ha contribuito alla ricchezza scientifica della disciplina e ha impresso e sostenuto gli orientamenti politici che hanno determinato importanti svolte nello statuto istituzionale della contemporaneistica.
Nell’esistenza di Sandro, la passione e le battaglie politiche non datano dalla pur precoce carriera accademica, ma lo vedono protagonista quando, ancora studente, militava nelle organizzazioni studentesche cattoliche, per poi confluire in schieramenti politici democratici di sinistra, sostenendone gli ideali e partecipando alle profonde trasformazioni dell’università nelle lotte del ‘68.
Parallelamente, la sua figura di raffinato intellettuale si forma, negli anni giovanili, alla prestigiosa scuola politica animata dalla nobile figura del giurista e filosofo Antonio Pigliaru e nella redazione della rivista «Ichnusa», dove le battaglie culturali erano tali in quanto coincidevano con quelle sociali. Una lezione mai rinnegata da Sandro Maxia e di cui lui stesso divenne portatore. Ne resta testimonianza in uno dei suoi ultimi interventi pubblici, nel 2018, dalle pagine di un giornale cagliaritano dove l’illustre italianista lanciava un inascoltato appello alle istituzioni locali e nazionali, perché arginassero la deriva degli studi di italianistica, per contrastare l’ancor più grave situazione della conoscenza e dell’uso della lingua italiana che gli apparivano compromessi, «nell’indifferenza totale della classe dirigente».
Formatosi sotto l’insegnamento di Giuseppe Petronio, col quale Sandro Maxia si laureò con una tesi sull’allora sconosciuto scrittore triestino Italo Svevo, dal 1966 ha percorso una rapida carriera accademica, ricoprendo nel 1973, come professore ordinario, una delle prime cattedre, in Italia, di Lingua e letteratura italiana contemporanea presso l’Università di Cagliari, contribuendo alla creazione di un vivace centro di studi, all’avanguardia per metodologie critiche e per gli ambiti di ricerca, grazie anche alla parallela presenza di molti importanti nomi delle discipline dell’italianistica: da Salinari a Barbarisi, a Baratto, a Asor Rosa, Cerruti e Madrignani, fino alla successiva generazione di Quondam e Santagata, con la conseguente formazione culturale e didattica di studiosi e di eccellenti insegnanti, cui Sandro Maxia si dedicò, oltre che nelle aule universitarie, nei corsi di formazione e in tutte le situazioni didattiche in cui fosse possibile istituire un fecondo rapporto di scambio fra la Scuola, il tessuto sociale e l’Università, in un’epoca senza dubbio encomiabile della Scuola italiana.
Le doti didattiche del prof. Maxia, il fascino seducente delle sue lezioni ne esaltavano il rigore scientifico e la creatività che hanno aperto inedite prospettive metodologiche e esplorato territori letterari scarsamente conosciuti. Il risultato di innamorare alla letteratura studentesse e studenti era attestato dalla numerosa frequenza alle sue lezioni e dall’alto numero delle tesi.
Il contributo fondamentale dato all’italianistica da Sandro Maxia è ben noto alla comunità scientifica: non di rado, ha rinnovato la lettura di autori e opere già sigillati dalla critica, rifondando l’approccio ermeneutico a momenti cruciali della letteratura italiana contemporanea. Mezzo secolo di critica sveviana ha confermato e ripercorso (talvolta senza citarlo – notava Sandro con ironico sorriso) la sua fondativa lettura di Italo Svevo, e doti di pioniere ha pure rivelato nello studio di Tozzi, ovvero di autori che, anche grazie a lui, sono divenuti imprescindibili nel canone della letteratura italiana. Acuto critico della poesia montaliana, di D’Annunzio e di molte aree della letteratura primonovecentesca: da Bontempelli e il Novecentismo, agli scrittori della «Ronda» e di «Solaria», alla letteratura fantastica del Novecento; nonché partecipe di importanti progetti nazionali per lo studio della lingua poetica e della poesia del secondo Novecento. Maxia è stato un rigoroso indagatore dei percorsi letterari della Modernità, attivo anche nei comitati scientifici e redazionali di importanti riviste di riferimento, quali «Moderna» e «La Modernità letteraria».
Egli ha, inoltre, rivolto un’attenzione costante alle politiche culturali in Sardegna, per sollecitare un’ottica mai provinciale ma nazionale e internazionale, specificamente in relazione alla lingua sarda, e alle opere di autori sardi di cui è stato fine e assiduo critico, da Grazia Deledda, a Salvatore Satta, Giuseppe Dessì, Salvatore Mannuzzu e altri.
Già una volta, nella fausta occasione del suo settantesimo compleanno, la comunità scientifica ha generosamente reso omaggio a Sandro Maxia, decano degli italianisti contemporaneisti, dedicandogli numerosi, importanti saggi confluiti nel volume in suo onore: La coscienza e il coraggio. Esperienze letterarie della modernità. Studi in onore di Sandro Maxia, edito da AM&D EDIZIONI. In quell’occasione, chiesi e ottenni dal grande poeta Andrea Zanzotto la composizione di una poesia in omaggio allo studioso di poesia e di letteratura contemporanea. Mi sembrava giusto e incoscientemente possibile: Zanzotto non conosceva Sandro Maxia ma, tuttavia, consentì e scrisse per lui una poesia che, grazie alla misteriosa vista posseduta dai poeti, ritrae Sandro in tutta la sua chiara-celata immagine
Paesaggio e personaggio
Non sempre vanno insieme,
che l’un nell’altro affondino
è quel che più si teme.
Però se questo capita
Pur sempre è gran ventura,
sol dove il cuore palpita
la sintesi è sicura.
Fusi eppure distinti:
tali li vuol natura
(Andrea Zanzotto)
Giovanna Caltagirone