Convegno internazionale Curzio Malaparte e la ricerca dell’identità europea (1920-1950) …
Un’umanità con tutte le facoltà intatte
Risvegliarsi dall’immanenza della guerra
Il sergente X è un reduce dallo sbarco in Normandia, di stanza in un villaggio della Baviera nelle settimane successive alla vittoria delle forze alleate. Prima della partenza per il fronte, era un giovane laureato che aspirava a una carriera di scrittore – come il narratore del racconto che con teatrale goffaggine cela la sua esperienza autobiografica dietro la terza persona in incognito del nome del suo protagonista. Ora, è un uomo incapace di leggere, le gengive che non smettono di sanguinare, la testa trafitta da emicranie lancinanti, le mani gelatinose e il volto scosso da tic incontrollabili. Quello che gli resta dei suoi precedenti contatti con il mondo che gli era familiare è un’ironia misantropa e una scrittura sopra la media del livello di alfabetizzazione dei commilitoni, abilità entrambe indirizzate al caporale Z, la cui mamma trova le lettere del figlio molto più intelligenti da quando frequenta X. X che scrive per conto altrui ma non legge: sul suo scrittoio una pila di lettere e di pacchi attendono da settimane di essere aperti, senza troppa speranza. Il tentativo terapeutico di scrivere a un amico si interrompe con le difficoltà che le dita tremanti affrontano nell’inserire il foglio nel rullo della macchina da scrivere. La testa di X cade catatonicamente in avanti, tra le sue braccia. Gli occhi si aprono qualche minuto dopo e notano un pacco che aveva resistito allo sgombero dettato dalla necessità di fare spazio alla macchina da scrivere sul piano del tavolino. Il pacco contiene un orologio e una lettera, datata 7 giugno 1944, il giorno dopo lo sbarco delle truppe anglo-americane sulle coste della Normandia. La mittente è Esmé, una bambina di tredici anni incontrata in un pub di Devon, Inghilterra, il 30 aprile del 1944, nei giorni di preparazione del D-day. Esmé e il suo fratellino di cinque anni, Charles, erano stati per i trenta minuti di quello stravagante incontro una parentesi di vita, umanità e compagnia sensibile nella cornice di una solitudine straziante e foriera di morte. L’orologio, un cronografo appartenuto al padre di Esmé morto in Africa, ha il vetro rotto, una conseguenza dei continui spostamenti del pacco all’inseguimento dei cambi di indirizzo del destinatario. Il sonno che sorprende il sergente X mentre per un intervallo di tempo non misurabile tiene il cronografo tra le sue mani è a questo punto un sonno diverso, non è una catalessi, è una speranza, avverte X, la speranza di avere almeno una probabilità di «ridiventare un uomo con tutte le sue fac… f-a-c-o-l-t-à intatte» dalla guerra, come gli aveva augurato Esmé quando si erano congedati quel giorno di primavera del 1944.
Nel racconto di J. D. Salinger, Per Esmé con amore e squallore[1], la guerra è una presenza immanente e devastante, anche se non è mai raccontata in presa diretta: bastano le sue conseguenze a testimoniare la presenza persistente di un orrore infernale che non vuole abbandonare la condizione umana[2]. Pure a voler guardare il mondo nella prospettiva di un canone occidentale, non è possibile dimenticare che la sua opera fondativa prende le mosse dal teatro di morte di un conflitto rabbioso e sanguinoso. Le stesse qualificazioni linguistiche della guerra ci parlano di una fantasia scellerata dell’uomo di inventare modi e pretesti per offendere, attaccare, contrattaccare altri uomini: di posizione, di movimento, lampo, santa, per bande, civile, totale, atomica, chimica, batteriologica, convenzionale, asimmetrica, fredda, preventiva… Di contro, lo stato di quiete e concordia della pace appare quasi indeclinabile, se non quando ne contraddice la sua nozione (pace armata). La narrazione di pacificazione affermatasi in Europa negli anni successivi al crollo del muro di Berlino questo aveva fatto, aveva rimosso sotto il tappeto della delocalizzazione e della (macabra) delega le armi che continuavano senza vera sosta ad alimentare la presenza di conflitti e violenze nel mondo[3]. Ora che quell’outsourcing si è riscoperto così geograficamente vicino, il numero 26-2023 di «Testo e Senso» chiama a una riflessione sull’immanenza multiforme della guerra e sulla speranza estatica della pace e di un nuovo umanesimo[4], nonché sui linguaggi e sulla comunicazione della guerra – e della pace – o, ancora, sui meccanismi di manipolazione mediatica che, soprattutto nella cornice della società dell’infotainment, riverberano e amplificano, sul piano comunicativo, la guerra stessa e la sua ideologia, le sue strutture, i suoi schemi. Come sempre, teoria e critica della letteratura, studi culturali, media studies, linguistica, scienze cognitive, paragone delle arti sono solo alcuni dei campi suggeriti per il confronto interdisciplinare che la rivista promuove.
Le proposte di articoli, comprensive di nome dell’autore, email, università di appartenenza, titolo e abstract in italiano e inglese, devono essere inviate alla Redazione entro il 30 giugno 2023, seguendo le norme e la procedura pubblicate su questo sito: a partire da questo numero, «Testo e Senso» adotta lo stile continentale per i riferimenti bibliografici.
Il numero 26-2023 sarà pubblicato nel mese di novembre.
[1] Jerome David Salinger, Nove racconti [1962], trad. di Carlo Fruttero, Torino, Einaudi, 1995, pp. 107-136.
[2] Orrore che si risolverà in un esito ancora più tragico in altro racconto della stessa raccolta, Un giorno ideale per i pescibanana.
[3] Timothy Lay, ACLED Year in Review: Global Disorder in 2022, «ACLED», 31 gennaio 2023, <https://acleddata.com/2023/01/31/global-disorder-2022-the-year-in-review/> (Consultato: 7 febbraio 2023).
[4] Come dimenticare a questo proposito che il medium attraverso il quale queste parole si diffondono nasce come prima concettualizzazione teorica da uno scienziato che aveva partecipato al progetto di costruzione della bomba atomica e intendeva mettersi alle spalle la distruzione totale provocata dalla sua ricerca per inaugurare una stagione di rinascita di un umanesimo nuovo? Cfr. Vannevar Bush, As We May Think, «The Atlantic», luglio 1945, <http://www.theatlantic.com/ideastour/technology/bush-full.html> (Consultato: 25 settembre 2022).